Parigi nostra.
Culla non dell’amore, ma del nostro amore. Concreto, tangibile, visibile.
La città in cui ho imparato a
dosare la libertà e le emozioni, con la ragione e la “prospettiva”.
La città in cui ho riscoperto me
stessa, lontana dalla rete della “consuetudine”, del già noto, del costruito, lontana
e libera dalle barriere e dalle etichette che ciascuno si porta dentro e dai
cui a volte è difficile scappare. Perché
gli altri si aspettano sempre e solo quel comportamento e atteggiamento ormai codificato,
classificato, che rende tranquilli e sicuri, ed è più semplice continuare così.
Magari perdendo di vista se stessi… i desideri, le attitudini, le opinioni, i
valori possono cambiare, perché non
seguirli?
Ecco, Parigi è stata come uno
specchio in cui ho visto riflettersi i miei desideri e le mie attitudini, me le
ha servite tra una passeggiata e un buon rouge. Tra un bacio strappato alla
fermata del metro e una chiacchierata bordo campo a hotel de ville. Tra una
pedalata in rue Oberkampfe e una “magia” al tavolo del salone di rue Saint Maure,
più intensa dell’ “illusione” au coin della metro Mabillon…tra l’odore di burro
e croissant e le rotaie di un metro, sempre , o quasi, puntuale.
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