mentre leggevo il blog io imparo con la felicita
mi è venuta un po’ di appucundria ,
che non la si può chiamare nostalgia…perché ci sono parole che nascono nel cuore, non nella mente e che non si possono tradurre,
perderebbero tutta la lora forza, il loro senso, la loro meraviglia…
E così mi è venuto in mente un pezzo che amo particolarmente di Erri De Luca.
“Oggi mi succede di essere nominato scrittore
italiano. Soprappensiero e automaticamente correggo: scrittore in italiano.
Perché è lingua seconda, messa accanto e in sordina rispetto alla prima voce,
il napoletano. L’italiano è una lingua raggiunta, la amo. Per l’altra non uso
il verbo amare. Al napoletano voglio bene e lui pure me ne vuole. Gli proteggo
la siepe, non ci faccio entrare l’italiano, adesso è per me una riserva
naturale. Gli voglio bene perché mette forza di raddoppio alla parola “ammore”,
al posto del più delicato amore, e nel “dimmane” che dev’essere migliore del
solito domani. Gli voglio bene perché al contrario dell’indicativo ”abbiamo”,
toglie peso e presunzione al verbo avere. Dicendo “avimm”. Mi piace che non
esiste in napoletano la parola eroe e che “guappo” sia spesso una recita incruenta.
Gli voglio bene perché raddoppia “primma” e “doppo” e dà così più consistenza
al prima e al dopo, al tempo passato e a quello venturo. Mentre il presente è
un frattempo che si riduce a un “mo”, sillaba di momento. E sono affezionato al
suo verbo andare che è il più veloce del mondo ”i’”, più corto del già svelto “ire
“latino. Perché quando te ne devi andare, “te n’ia i”, subito”.
Alzaia
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